San Tommaso non si poneva tutti i nostri interrogativi:
Riporto una breve pagina dal libro Laicità e cristianesimo:
insensibilità alla sot4ia dinamicaIl problema che pongo non è teorico. Ognuno può convincersi di quel che vuole, ma occorre fare i conti con la vita e le sofferenze degli uomini. Di fatto il fine ultimo naturale è stato portato alla ribalta dalla scolastica essenzialista, per motivi astratti e formali, e poi dal deismo; nessuno prima o poi se ne è servito per la vita reale, come cuore della cultura e della civiltà. Il problema viene da lontano ed è estremamente significativo: San Tommaso, che ha impostato tutta la sua grandiosa sintesi proprio sulla consistenza divina del creato, indicando esplicitamente il fine ultimo naturale (più avanti citerò alcuni testi), di fatto non aveva grandi problemi per l’unità del disegno divino in quanto di fatto al fine ultimo naturale dava ben poca importanza contenutistica. Alcune delle tematiche proprie del fine ultimo naturale nel medioevo rientravano facilmente, per quanto riguarda l’aspetto sapienziale, nell’ascetica e nella morale cristiana. Altre, come il problema del lavoro, della politica, della storia, della sociologia, della psicologia, erano praticamente ignorate. Un frate medievale non aveva una problematica culturale urgente, perché l’uso della ragione era praticamente un’esclusiva degli uomini di Chiesa. In questo modo nessuno si è mai impegnato a sviluppare le potenzialità dello spirito umano, la profondità e la trascendentalità di tutti i problemi che riguardano l’uomo, l’aggancio della storia umana ad una reale trascendenza non confondibile con i doni soprannaturali. Si è oltremodo trascurata la sapienza e si continua ancora così, nonostante l’accorato appello di Giovanni Paolo II, nella Fides et ratio a favore della sapienza. Il Dio della teodicea classica non si suscita passioni; tantomeno il Dio di Cartesio. Si direbbe in genere per il Dio dei filosofi, secondo la celebre esclamazione di Pascal Eppure i veri filosofi, i filosofi antichi, gli uomini spirituali di altre tradizioni, hanno cercato appassionatamente Dio, l’anima, l’eternità. Se si vedono i frammenti dei presocratici si scopre che erano sapienti alla ricerca della felicità, di Dio, dell’universale; non si accontentavano certamente di acqua, aria o fuoco. Con la teodicea e l’essenzialismo razionalistico non si è sviluppata certamente la capacità naturale dello spirito umano di cercare Dio esistenzialmente e di amarlo, unitamente alla ricerca di fede e al vissuto cristiano. Quel poco amore naturale scompariva immediatamente alla luce calda della fede. Eppure l’amicizia anche naturale con Dio è importante. Un po’ come è importante la capacità naturale di fare amicizia con gli uomini mentre si cerca di vivere il comandamento nuovo.
Si veda anche il link sul Desiderio naturale di vedere Dio
San Tommaso non si poneva tutti i nostri interrogativi:
Riporto una breve pagina dal libro Laicità e cristianesimo:
Il problema che pongo non è teorico. Ognuno può convincersi di quel che vuole, ma occorre fare i conti con la vita e le sofferenze degli uomini. Di fatto il fine ultimo naturale è stato portato alla ribalta dalla scolastica essenzialista, per motivi astratti e formali, e poi dal deismo; nessuno prima o poi se ne è servito per la vita reale, come cuore della cultura e della civiltà. Il problema viene da lontano ed è estremamente significativo: San Tommaso, che ha impostato tutta la sua grandiosa sintesi proprio sulla consistenza divina del creato, indicando esplicitamente il fine ultimo naturale (più avanti citerò alcuni testi), di fatto non aveva grandi problemi per l’’unità del disegno divino in quanto di fatto al fine ultimo naturale dava ben poca importanza contenutistica. Alcune delle tematiche proprie del fine ultimo naturale nel medioevo rientravano facilmente, per quanto riguarda l’’aspetto sapienziale, nell’’ascetica e nella morale cristiana. Altre, come il problema del lavoro, della politica, della storia, della sociologia, della psicologia, erano praticamente ignorate. Un frate medievale non aveva una problematica culturale urgente, perché l’’uso della ragione era praticamente un’’esclusiva degli uomini di Chiesa. In questo modo nessuno si è mai impegnato a sviluppare le potenzialità dello spirito umano, la profondità e la trascendentalità di tutti i problemi che riguardano l’’uomo, l’’aggancio della storia umana ad una reale trascendenza non confondibile con i doni soprannaturali. Si è oltremodo trascurata la sapienza e si continua ancora così, nonostante l’’accorato appello di Giovanni Paolo II, nella Fides et ratio a favore della sapienza. Il Dio della teodicea classica non si suscita passioni; tantomeno il Dio di Cartesio. Si direbbe in genere per il Dio dei filosofi, secondo la celebre esclamazione di Pascal Eppure i veri filosofi, i filosofi antichi, gli uomini spirituali di altre tradizioni, hanno cercato appassionatamente Dio, l’’anima, l’’eternità. Se si vedono i frammenti dei presocratici si scopre che erano sapienti alla ricerca della felicità, di Dio, dell’’universale; non si accontentavano certamente di acqua, aria o fuoco. Con la teodicea e l’’essenzialismo razionalistico non si è sviluppata certamente la capacità naturale dello spirito umano di cercare Dio esistenzialmente e di amarlo, unitamente alla ricerca di fede e al vissuto cristiano. Quel poco amore naturale scompariva immediatamente alla luce calda della fede. Eppure l’’amicizia anche naturale con Dio è importante. Un po’ come è importante la capacità naturale di fare amicizia con gli uomini mentre si cerca di vivere il comandamento nuovo.