Riporto una pagina sulla riflessività necessaria per capire l’importanza dei cammini di santità per orientare il cuore umano fuori dai suoi recinti ermeneutici, impermeabili l’uno all’altro.
Pierpaolo Donati ha scritto anche un libro sulla “riflessività”. Occorre riflettere, prendere coscienza chiara di un paradigma. Ma non basta, occorre approfondire sempre più il paradigma. Se parlo di comunione primaria può sembrare facile capire ciò di cui si tratta. Ma io sono 50 anni che vado prendendo coscienza di come ciascuno pensi ed agisca mosso dal consenso in una rete sociale che ha profondità religiose anche negli atei. Tra le varie reti di consenso non ci si capisce. Parlare ad un relativista è come parlar ad un musulmano.
Direi che ci vogliono 4 riflessività profonde:
- che tutti si muovono dentro una appartenenza primaria (“società vitale” la chiamava Tonnies), che funge da tribù o da “chiesa segreta”, con tanto di dogmi (che possono anche essere idee molto banali ma che danno immagine nel gruppo di appartenenza) e comportamenti morali. Non andare a messa per un ragazzo che ha fatto la cresima può sembrare un atto di libertà personale ma in realtà è un imperativo collettivo, moralistico, del branco del sabato sera. E il gruppo di coetanei lo rende impenetrabile a tutti gli insegnamenti dei genitori e del catechismo. Come bibliografia rimando ai libri di Donati sulla relazione e ai miei: Liberare l’Amore, Saper di Amore, e Nuova evangelizzazione e comunione primaria i parrocchia.
- I cristiani praticanti rispetto alla appartenenza primaria si possono distinguere grosso modo in tre categorie: a) la maggior parte non ha una appartenenza primaria nella Chiesa, ma nel political correct, nella immagine sociale che si costruiscono con amici, lavoro, successo. L’andare a messa la domenica è un piccolo ingrediente tradizionale, superstizioso, sentimentale, ma non decisivo. Le scelte sono di tipo secolaristico. b) Ci sono parrocchiani fedeli, disponibili, che vivono una appartenenza primaria in chiesa, ma di tipo socio-sacrale. Dato che tutti hanno un legame profondo del cuore, loro ce l’hanno in chiesa, ma a livello di religione, solo un po’ meglio (come contenuti sacri) dei musulmani. La religione ha sempre una confessionalità, un legame primario con la bandiera del proprio Dio. Da notare che per la propria bandiera si dà la vita, fosse Hitler, Napoleone o Stalin. Meglio certamente nella religione cristiana. Ma non è ancora il Vangelo. Tanto è vero che questi cristiani hanno perlopiù criteri secolaristici in aspetti molto importanti della vita come la maternità chiusa su di un figlio o massimo due, con anticoncezionali senza remore, oppure si chiude un occhio o anche due sulla sessualità libera dei giovani. c) Negli ordini religiosi, nei movimenti carismatici e in qualche felice esperienza parrocchiale il legame primario del cuore è in un cammino di santità, una scelta libera e piena di sequela di Cristo. Non è detto però che chi segue un cammino carismatico sia già santo e certamente nascono problemi e conflittualità interne visto che difficilmente chi cammina in modo primario in una realtà di fede viva ha operato una vera conversione a Cristo, in una sequela che vale più della comprensione stessa delle persone con cui si cammina in fraternità. Ma questo è un problema di crescita nella vocazione cristiana, la quale non opera se non in una cammino di santità. Tanti santi del popolo, spesso anonimi, di fatto avevano saldato il cuore a Cristo, avvalendosi dei contenuti soprannaturali che anche le parrocchie possiedono (Scrittura, Eucarestia. liturgia, Pastore, ecc.). Come bibliografia rimando al mio libro Nuova evangelizzazione e comunione primaria in parrocchia.
- Occorre riflettere su come sia possibile attrarre il cuore ad una appartenenza primaria carismatica. Innanzitutto occorre vedere cosa succede là dove ci sono molti seguaci primari, anche in sette, partiti o chiese che di carismatico non hanno nulla. Certamente è facile vedere che c’è qualche leader con carisma, ma in questo caso “carisma” vuol dire feeling, empatia, personalità attraente, nulla a che vedere con “il carisma”, e cioè l’azione dello Spirito Santo a Pentecoste e nei santi. All’estremo si può vedere che i gruppi carismatici protestanti, che attirano milioni di persone con appartenenza primaria, in realtà non hanno “il carisma”, perché ad essi mancano elementi decisivi del carisma di Pentecoste: eucarestia, Maria, Pietro.
Come fanno i leader ideologici (quanti milioni di giovani comunisti pronti a morire per una rivoluzione atea!), o le sette, o le comunità evangeliche? Come fanno i movimenti carismatici cattolici ad avere tanti seguaci? Direi che una vera riflessività su questo non c’è. I fondatori di fatto hanno trovato “la bacchetta magica”, il modo di proporre. Studi sociologici sulle comunità evangeliche hanno messo in chiaro che le idee, per entrare in esse, non c’entrano: decide l’appartenenza. Ma allora occorre riflessività sufficiente per capire come ottenere la scelta di appartenenza. Se si studia come fa Kiko a partire con una nuova comunità carismatica in poco tempo, o come ha fatto Giussani, ecc. si vedrà che c’è una proposta di scelta per unirsi ad altri che camminano. Il bisogno di comunione primaria è così profondo che se il cuore capta di essere accettato da persone che stima opera la scelta libera e radicale. Basti pensare che ad una proposta vocazionale tanti hanno lasciato il mondo per entrare in convento. Deve essere chiaro che la scelta carismatica non si fa solo con i voti religiosi (che rimangono una tesoro nella Chiesa) ma che è legata al battesimo e che questo si può realmente vivere solo in un cammino di santità.
Occorre una proposta vocazionale, legata al battesimo, compatibile con la vita di tutti i giorni, ma in comunione primaria. La fraternità cristiana non può essere lasciata alle esortazioni, occorre che diventi legame di amore, voluto e propugnato nella lotta ascetica dei cristiani che vogliono santificarsi.
La proposta va fatta con schietta parresia. Contenuti di questa proposta li ho descritti in Nuova evangelizzazione e comunione primaria in parrocchia. - occorre riflessività su come procedere nel tempo dentro un cammino di santità. Certamente i grandi fondatori hanno lasciato “regole” efficaci, ma anche tra i benedettini nascono conflittualità. Direi che c’è ancora poca riflessività anche all’interno degli ordini religiosi e dei movimenti carismatici su come favorire la comunione in crescita di amore e di santità. Molti cristiani fanno notare subito le pecche di qualche aderente ad una cammino carismatico per occultare la sterilità della propria appartenenza. Ci sarà sempre chi dà l’impressione di sentirsi privilegiato o addirittura di sentirsi superiore agli altri cristiani, ma sono problemi minori, che si possono curare con maggior riflessività interna al commino e interna alla Chiesa. A questi temi ho dedicato i brevi appunti del libro “Comunione carismatica in parrocchia”, ma soprattutto ho studiato il problema in Liberare l’Amore (dove studio l’idolatria nella vita dei cristiani) e in Saper d’Amore dove faccio vedere come il demonio usi la responsabilità istituzionale per togliere la carità e pertanto l’efficacia del Vangelo. Utile anche il libretto Il male più grande.
Si deve prendere coscienza che l’unico modo di realizzare una nuova evangelizzazione è quello di promuovere miriadi di nuclei di comunione carismatica primaria in espansione. Tutti gli altri tentativi sono fallimentari di fronte alle aree di consenso che condizionano il pensare dell’uomo occidentale.
Qui prendo in considerazione la necessità di penetrare a fondo nella riflessività che permette di entrare nella nuova evangelizzazione, possibile solo sviluppando miriadi di nuclei di comunione primaria, come più avanti riporto. Ma ci sono altre riflessività assolutamente necessarie. Abbiamo visto la mancanza di riflessività sulla filosofia della storia. Per quel che ci riguarda è fondamentale una riflessività ben maggiore sulla laicità e sulla presenza dei laici nel mondo. La rinnovata riflessività sull’arché di tutte le cose, come portato ultimo della metafisica, permette di penetrare nel “noi” che decide delle sorti dell’amore, in famiglia, nella società e nella Chiesa.