Abstract
Il filosofo cerca l’arché di tutte le cose: quella cosa che è in tutte le cose senza essere nessuna di queste cose. Talete è considerato il primo filosofo perché diceva “tutto è acqua”. È filosofo perché individuava un tutto, ma sbagliava prendendo una parte per il tutto. E così faranno tutti i filosofi, anche se giunti all’essenza per molti secoli si è ritenuto da parte di molti filosofi che fosse veramente il tutto di un ente, che spiega tutte le parti e relazioni di quell’ente. In realtà anche l’essenza è una parte, pur fondamentale, del tutto. Solo san Tommaso ha rinnovato la metafisica ponendo il tutto nell’atto di essere, diverso dall’essere come reale, come esistente, che è un prodotto dell’atto di essere. Ma non gli ha dato sufficiente visibilità. Nella sua umiltà attribuiva ad Aristotele le verità filosofiche, riservandosi di fare il teologo. Cornelio Fabro ha scoperta la grande innovazione di Tommaso, capace di rinnovare la metafisica facendola risorgere dai numerosi funerali che l’avevano funestata nella storia del pensiero, specialmente dopo Kant. Ma occorre scavare ancora. Per me l’arché di tutte le cose è l’atto di essere relazionale, che si coglie entrando nel mondo della relazionalità trascendentale fino a scoprire un nuovo trascendentale accanto ai famosi della classicità: vero, buono, bello, uno. È il trascendentale della donalità-attrazione: l’essere cerca l’essere, l’essere attira l’essere, a fondamento stesso dell’essere come atto. Ora la relazione non è più soltanto un accidente, ma può essere, nella sua valenza originaria, la scaturigine dell’essere e, nelle creature spirituali, dell’amore. Tutta la metafisica viene rivoluzionata e diventa il vero riferimento ultimo di ogni scienza e soprattutto della sinergia di tutte le scienze. Scoprendo il fondamento relazionale dell’essere, scienze come la sociologia, la psicologia, l’antropologia, ecc., possono dialogare, interagire, completarsi a vicenda.
Da Aristotele in poi si è visto l’uomo come corpo e anima: l’anima è vista come immateriale, fatta soprattutto di pensiero. Raggiungere l’essenza delle cose è sempre stato lo sforzo dei filosofi. La ragione vede la verità e questa decide di tutto. Si fa dipendere la vita, il bene e il male, i rapporti sociali, ecc., da ciò che si pensa astrattamente. Dal pensiero si deve dedurre l’azione. Anche il cristianesimo è stato vissuto spesso solo come dottrina e morale. Siamo ammalati di razionalismo essenzialistico. I Padri orientali vedevano l’uomo come corpo, anima e spirito. Questo con la minuscola o con la maiuscola, facendo dipendere dallo Spirito Santo lo spessore di amore, la relazionalità costitutiva della vita umana. Per noi occorre vedere l’uomo come corpo, anima e atto di essere relazionale. L’atto di essere è più perfetto delle essenze e regge una relazionalità trascendentale che pone l’amore a fondamento della vita sociale e della libertà umana. Non si capisce cosa voglia dire distinguere l’anima dallo spirito (con la minuscola) e non si può lasciare allo Spirito Santo ciò che è costitutivo dell’uomo come ente creato. .
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Estratto dal libro Laicità e cristianesimo, in corso di ultimazione. Di realmente originale è il paragrafo su “La donalità dell’essere: il trascendentale rimasto occulto”.
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